venerdì, dicembre 12, 2025

La copertina dei Blind Faith



Sciolti i Cream a metà del 1968, Eric Clapton incominciò a pensare ad una nuova esperienza.
Portandosi dietro il batterista Ginger Baker e chiamando a sè il geniale Steve Winwood e Ric Grech dai Traffic creò una nuova band (spesso definita il primo super gruppo del rock) che nell'agosto del 1969 pubblicò il primo album, intitolato con il semplice nome della band BLIND FAITH.

Da un punto di vista artistico è un buon album, tra rock, pop e blues, ovviamente ben suonato ma che non è il capolavoro che ci si aspettava da simili eccellenze.
Nonostante ciò ottenne un grande successo di vendite e buone recensioni.

Probabilmente viene però più ricordato per la copertina, conturbante e provocatoria, che ritrae una ragazzina a torso nudo (impugnando un modellino di aereo, considerato dai censori fallico), senza alcuna scritta che ne indicasse la paternità e che creò non pochi problemi alla band.
L'etichetta rifiutò di pubblicarla ma la cocciutaggine di Clapton li costrinse a capitolare ma in Usa uscì con una copertina che ritraeva la band in studio (mentre in altre versioni con censure varie).

Curiosa la genesi della foto, di Bob Seidemann, che aveva già lavorato con Janis Joplin e Grateful Dead e successivamente con Neil Young, Jackson Browne, Traffic, Jerry Garcia.
Incaricato del lavoro incontrò per caso in metropolitana una ragazzina che corrispondeva alla sua idea (di contrapporre un'immagine di innocenza con una tecnologica e futurista, simboleggiata dall'aereo).
Le chiese se era disponibile ad una session fotografica ricevendo come immediata risposta "Mi devo spogliare?" (...a proposito di innocenza...).

Recatosi a casa dei genitori per avere il necessario permesso scoprì che in realtà la sua scelta non era stata delle migliori essendo la ragazza molto timida e poco fotogenica.
Ma la sorella minore, undicenne, MAIORA GOSCHEN (nella foto come è adesso), si intromise chiedendo a gran voce di poterlo fare lei.
Bob accettò e divenne il soggetto della copertina.
La foto fu chiamata BLIND FAITH che Clapton trovò adatto anche come nome per la band.
Maiora chiese per pagamento un cavallo bianco ma ricevette solo 40 sterline...

giovedì, dicembre 11, 2025

Dischi rudi del 2025

Incomincia l'intensa serie di consigli e personali preferenze del 2025.
A seguire una serie di "Dischi RUDI" in cui a farla da padrone sono punk rock, garage, rock 'n' roll primitivo, Oi!, testi urlati e ritmiche compatte.


L'ordine è sparso e c'è una prevalenza di materiale nostrano.

MAD DOGS - The Future Is Now
Si fa presto a dire rock ‘n’ roll, punk, garage. Tecnicamente può non essere una faccenda complicata ma bisogna saperlo fare, se non si vuole cadere nel ridicolo e scontato. I Mad Dogs sono maestri in questo, da sempre attaccati alle radici classiche (Mc5, Stooges, New York Dolls, punk rock, Hellacopters etc) ma sempre in grado di aggiungere quel tocco di personalità che li rendono immediatamente distinguibili dal resto. Grande album!

MARS X - The Rabbit Hole
Esordio con il botto per il supergruppo bolognese, composto da solide e immarcescibili glorie del punk rock bolognese, Mars Valentine, Riccardo Pedrini, Franz Attack e Cesare Ferioli, dei quali è impossibile stilare un curriculum vitae senza riempire una pagina. A produrre il sigillo perfetto di Glezos, un altro che se ne intende e che rientra in quanto detto sopra. Come specificato, è punk rock (Damned, Dead Boys, Adverts, Sex Pistols, tra i tanti, fanno spesso capolino) ma declinato in una visione fresca, attuale e moderna. Canzoni potenti, aspre, semplicemente belle e un album di gran pregio, vitalità, sincerità, urgenza. Avercene!

BILLY BOY E LA SUA BANDA – s/t
Torna su vinile la band emiliana, a rimpinguare una discografia ricca di uscite, dalla nascita nel lontano 1994, tra 45, compilation e un album. I quattro brani sono il classico assalto sonoro a cui ci hanno abituato, tra street punk, Oi!, punk rock, Peter and the Test Babies, The Businnes con impennate hardcore e un tocco hard 70, a condire il tutto. Sound compatto, “music for the terraces”, cori e voci perfette al contesto. Un gioiello ruvido che può diventare, al bisogno, oggetto contundente.

MEGAN IS MISSING - Depression Is a Fashion
Torna il trio napoletano con un travolgente ep, abrasivo, potentissimo, devstatante. Approccio garage punk che vira verso la rabbia più estrema dell'hardcore, sorta di esasperazione del sound di Amyl and the Sniffers, sporcato da distorsioni alla Sonic Youth e dal groove dei primi Black Flag di "Nervous Breakdown". La cover di "Bit It You Scum" di GG Allin chiude alla perfezione la sequenza dei cinque brani. A real kick in the ass!

STIGLITZ - Quando tutto tace
Il secondo album consacra la band genovese nell'Olimpo del miglior Oi! street punk in circolazione, con nove brani grezzi, duri, compatti, registrati alla perfezione e suonati con la migliore attitudine. Una ritmica possente, con un basso dal suono travolgente, cori nella tipica tradizione Oi! costantemente presenti, voce e testi convincenti, arrangiamenti raffinati e molto curati, modalità compositive più che efficaci. Può diventare un piccolo classico. Grandi!

THE BUDGET BOOZERS - Love You, Hate You
Molto divertente e arrembante l'album della band svizzera. Rock 'n' roll sporco, strali punk ma anche tanto gusto glam e pop. Una specie di Cheap Trick in salsa garage punk che non disdegna immergersi in atmosfere Crampsiane o guardare con gusto ai Ramones. Come dicono loro: Real hippie shit for real punks!

BABYSCREAMERS - Peek-A-Boo
Un album, un ep, un singolo alle spalle, la band marchigiana torna con un nuovo lavoro sulla lunga distanza. Otto brani duri e compatti che guardano a punk rock, garage, hardcore ("Olli") ma anche a quel torrido mix di blues malato, post wave "storta" e violenza sonora sublimata dalla Jon Spencer Blues Explosion. Riuscito l'esperimento con la lingua italiana di "Ogni volta". Ottimo album.

THE UNKNOWNS - Looking from the outside
Il terzo album della band australiana è uno stupendo disco di punk rock che guarda tanto ai New York Dolls quanto ai Dead Boys, primi Damned, Saints. Quel punk intriso di rock'n'roll, veloce, aggressivo, minimale. Sono potentissimi e devastanti.

THE INFRAMEN - Zero gravity toilet
Il duo barese ci trascina in un concept che "racconta di un viaggio onirico sulla Luna trasmesso in fascia protetta su una TV a bassa fedeltà" ma che in pratica è una pericolosa e minacciosa caduta in un inferno sonoro lo-fi, a base di un torrido noise garage punk che riporta i tempi dei Pussy Galore del Jon Spencer pre Blues Explosion. In mezzo l'immaginario horror di cui furono maestri Cramps e Misfits. Sguaiata violenza sonora e la giusta attitudine.

SLOKS - Viper
Torna la super lo fi garage band con un nuovo album, come sempre, furioso, abrasivo, urticante. Due chitarre, voce, batteria a martellare su riff minimali e scarni, in piena osservanza del culto dei Cramps e Oblivians e uno sguardo ossessivo ai primi Stooges più deliranti. Il tutto registrato in modo rozzo e immediato, come è giusto che sia.

UGLY SOUNDS - Never say I'm doomed
La band sarda scava nel profondo del garage punk più ruvido, scarno, abrasivo, quello che prende spunto dai Sixties ribelli e controcorrente di Sonics, Music Machine, Seeds, Monks, poi reso ancora più selvaggio negli anni ottanta da Gravedigger V, Morlocks, Gruesomes. Undici brani brevi e deraglianti, chitarra, basso, batteria, tre accordi al massimo. Perfetti!

KOKADAME – Bevisitter
La band piacentina prosegue il suo cammino con un bulldozer che rade al suolo tutto ciò che incontra. Come sempre puro e semplice punk rock, di derivazione Oi!, diretto, con testi provocatori, irritanti e semiseri, ai confini con il cosiddetto “demenziale”. Le sei canzoni funzionano perfettamente per chi ama il deragliamento sonoro e psichico. Raro esempio di vera e propria attitudine punk.

DEAD JACK AND HIS DRY BONES - Dead jack In The Box
Torna la demoniaca e temibile one-man-band di Jack Cortese, alle prese con il consueto calderone fumigante di primitivo rock 'n' roll, garage punk alla Sonics, abbondanti dosi di Cramps, Link Wray, blues malatissimo, country sgangherato, frat rock, swing traballante. Poco da dire, sono rari i dischi che suonano così genuini e urgenti. Gli amanti di questi anfratti sonori, pericolosi e sconsigliabili ci si tufferanno con grande soddisfazione.

KLASSE KRIMINALE – Live at Punk Rock Raduno
La leggendaria band street punk/ Oi! colta nel suo habitat più consono, dal vivo al Punk Rock Raduno del 2023. Scorrono i loro brani più significativi e noti, in versione potentissima, tirata e travolgente con la perfetta chiusura di “White Riot” dei Clash a suggello di una serata speciale. La registrazione è più che ottima e rende giustizia alla potenza di fuoco che sa esprimere il gruppo di Marco Balestrino ogni volta che sale su un palco.

WESLEY AND THE BOYS - Rock 'n' roll ruined my life
Il quartetto americano scartavetra le orecchie con un punk rock minimale, dai suoni compressi, distorti, primitivi, ritmiche ossessive, voce alla Lux Interior. Non c'è nulla che conceda qualcosa al gradevole, solo sporcizia del rock 'n'roll più truce.

BAM!BOX ORCHESTRA - Lovers' Course
La folle band napoletana è sicuramente cresciuta apprezzando tutto quel sound, sporco, gracchiante e spericolato, che dai Cramps passa per i Gories, Pussy Galore, Jon Spencer Blues Explosion, Oblivians, tra i tanti. I dodici brani di questo album parlano chiaro. Rock 'n' roll malsano e brutale, sgangherato, aggressivo ma sempre divertente, suonato con passione e noncuranza per ogni possibile sbocco commerciale. E per questo ancora più bello.

CHOW - Eternal Lopez
Il trio bolognese sa bene come mischiare le carte sonore. Da una parte non è difficile ravvisare richiami al Detroit sound più classico, da Mc5 a Stooges ma c’è anche una buona dose di punk rock di gusto 77, qualche rimando (involontario?) a “Group Sex” dei Circle Jerks. Il tutto ammantato da un taglio che attinge dal garage punk anni Sessanta e da pennellate quasi psych. Tanto massicci quanto versatili, un album più che riuscito.

TAMPAX – Tampax in the cuntry / Iraq ‘n’ Roll Is Dead
La mitica band friulana, la prima, con i conterranei Hitler SS a pubblicare, nel 1978, un disco punk, torna, a dieci anni dall’ultima testimonianza sonora, con un 45 giri che, come sempre, sorprendente, caotico, anarchico. Sul lato A un country punk serrato, divertente, travolgente, nella B side un punk n roll ai limiti del noise. Un’altra rara testimonianza di una storia che non smette mai di stupire.

SEEKERS 70 - Spark
Esordio con il botto per il giovane quartetto torinese, alle prese con quattro brani a base di un sound elettrico e sparatissimo che guarda agli MC5 (non a caso riprendono la loro "The American Ruse") ma che ama anche gli anni Sessanta e Settanta più rock 'n' roll. Hanno un grandissimo talento, suonano bene e senza remore, la produzione di Luca Re ne esalta le peculiarità. Ne sentiremo ancora e spesso parlare.

THE DIRTIEST – Sooka
Dischi come questi non andrebbero nemmeno recensiti ma solo ascoltati, facendosi poi spalmare da un loro live sul pavimento di un sordido locale in un posto dimenticato da tutti. La band fiorentina suona velocissima, talvolta ai confini con l’hardcore (in questo senso ricordano certe band americane come i Dils, che precorsero il genere). E’ puro e semplice punk rock, con le chitarre mai distorte ma suonate con un impeto tale che le rende lame taglienti negli apparati uditivi di chi ascolta. Siamo in pieno 1977 ma con più rabbia, energia e voglia di travolgere. Super!

mercoledì, dicembre 10, 2025

Gino Paoli - Il mio mestiere

Immerso in un'immagine artistica in bilico tra esistenzialismo e canzone romantica, nel 1977, Gino Paoli spariglia le carte con un album doppio di diciotto canzoni autografe in cui si addentra in tematiche "impegnate", dalla disillusione politica alla difficoltà del mestiere di musicista, consumismo, emarginazione.
C'è una forte vena jazz ma anche pennellate blues, canzone d'autore e influenze latine.

Al suo fianco eccellenze della scena jazz e session men sopraffini come il batterista Gianni Cazzola (che suonò tanto per Mina che per Billie Holiday, Chet Baker, Gerry Mulligan, Dexter Gordon, Lee Konitz, Sarah Vaughan) o il pianista Renato Sellani (Chet Baker, Lee Konitz, Sarah Vaughan, Enrico Rava, Dizzy Gillespie, Tiziana Ghiglioni).

Un lavoro anomalo, soprattutto per l'epoca, ancora ricco di grande fascino ed eccellenti canzoni.

martedì, dicembre 09, 2025

Roman Kozak - Questa non è una discoteca. La storia del CBGB

Riprendo la recensione che ho scritto per "Alias" de "Il Manifesto" lo scorso sabato.

Forse il locale più mitizzato di sempre.
In effetti le caratteristiche per entrare nella leggenda le ha sempre avute: New York di metà/fine anni Settanta, quando era una città pericolosa e invivibile, un quartiere ancora più spaventoso.
Partito con la volontà di dare spazio a country, jazz, folk e un po' di rock per i gruppi di Hell's Angels che lo frequentavano, il CBGB'S è diventato invece la culla del punk rock locale e poi mondiale.
Lì nacquero letteralmente miti come Ramones, Patti Smith, Talking Heads, Blondie, Television, Willy DeVille, tra i tanti.

E fu da lì che il punk arrivò dapprima sulla costa ovest americana e più o meno in contemporanea nelle strade di Londra. Troviamo numerose testimonianze dei protagonisti dell'epoca (dai Ramones a David Byrne, Debbie Harry, Lenny Kaye etc) e materiale grafico inedito, nello storico libro “Questa non è una discoteca. La storia del CBGB'S” scritto da Roman Kozak nel 1988 e solo ora, dopo anni fuori catalogo, tradotto in italiano (a cura di Luca Frazzi) per Interno 4.

Tra le più importanti quelle del proprietario Hilly Kristal che sintetizza in modo molto naturale e sincero come nacque il tutto:
Tutto quello che sentivo era che questi ragazzi e ragazze avevano bisogno di un posto per fare la loro musica.
Pensavo che fosse musica molto rozza e molto rumorosa. Non era quello che mi piaceva. Quello che apprezzavo era che queste persone ci mettevano davvero l’anima. Erano molto sincere e credevano davvero in se stesse. Erano ragazzi che usavano la musica – anche se non sapevano suonare i loro strumenti – per esprimersi.


Ben presto il minuscolo spazio, unanimemente descritto come terribilmente sporco (soprattutto i bagni), al limite della decenza (“Ho preso i pidocchi lì quattro fottute volte, giuro su Dio. Era davvero troppo” dice Willy Deville), tra topi, insetti e una fauna umana tutto fuorché raccomandabile, divenne il centro del mondo musicale, tra mille difficoltà, aprendosi successivamente all'hardcore punk fino alla chiusura nel 2006.

Fu rilevato dallo stilista John Varvatos che lo ha trasformato in un negozio di vestiti, conservando le pareti originali con i poster e i graffiti, come un grande affresco. Libro dettagliatissimo e molto divertente, con l'aggiunta di un capitolo di interviste ai gruppi italiani che vi hanno suonato (CCM, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards, perfino Elio e le Storie Tese).
Una vicenda basilare nella storia del rock.

Roman Kozak
Questa non è una discoteca. La storia del CBGB
Edizioni Interno4
256 pagine
24 euro

domenica, dicembre 07, 2025

Not Moving al Caseificio La Rosa - Poviglio (Reggio Emilia) sabato 13 dicembre 2025

Sabato 13 Dicembre
dalle 22.00

NOT MOVING live
Caseificio La Rosa
via Romana 200/1
42028 Poviglio (Reggio Emilia)
in apertura LYNCH LANE KAFE'

Evento riservato ai soci - Tessera vitalizia 5€
Ingresso a sottoscrizione 10€

https://www.facebook.com/events/2854110984919938/

E poi in Sardegna a Cagliari al "Fabrik" (venerdì 19 dicembre) e al "Teatro Civico" di Sassari sabato 20 dicembre.

Profilo FB dei Not Moving
https://www.facebook.com/profile.php?id=100051397366697

Profilo Instagram dei Not Moving
https://www.youtube.com/watch?v=Foxxqa8ouR0

Video ufficiale di "But It's Not"
https://www.youtube.com/watch?v=Foxxqa8ouR0

sabato, dicembre 06, 2025

Going Underground 5-7 dicembre a Chiaravalle (Ancona)

https://www.facebook.com/events/1465395144686361

💥 Ritorna l'appuntamento invernale per i Mods e gli amanti delle sonorità 60s con un doppio appuntamento:

🔴 VENERDI' 5 dic
👉 ISOLA BALLROOM dalle ore 19:30
Reading di brandi di "LEO e ZOE" di Alex Loggia, storico chitarrista degli Statuto. A cura di Giordano Cupis e Renzo Canafoglia.
A seguire cena sociale al costo di 20€

🔵 SABATO 6 dic
👉 PICCADILLY BAR dalle ore 18:00
Si inizia con il warm-up al Piccadilly, possibilità di cena buffet su prenotazione, con il mercatino di abbigliamento vintage e vinili. Selezioni musicali di:
🎯 Salva TheModRunner (Milano)
🎯 Luciano Nobile (Milano)
🎯 Alessio Pizzichini (Mods Marche)
🎯 Done (Mods Marche)

👉 ISOLA BALLROOM dalle ore 22:30
GLI STATUTO in concerto!!🔥🔥🔥🔥🔥
La storica band torinese, un'icona per tutti i mods italiani, live nella bellissima e ampia sala dell'Isola per un concerto assolutamente da non perdere!!
DJs allnighter:
🎯 Bonnie Valentine (Bari)
🎯 Blond (Terni)
Prima e dopo il live:
🎯 Rude Franz (Mods Marche)
🎯 Parker (Mods Marche)

🚧Ingresso SOLO su prenotazione! 🚧
info/prenotazioni: goingunderground.marche@gmail.com / 3472273813 (Davide)

Per alloggiare:
LA LOCOMOTIVA Ristorante e Affittacamere - Chiaravalle
raggiungibile a piedi dalla stazione ferroviaria e dai luoghi del GU.

venerdì, dicembre 05, 2025

Maurizio Pilotti - Il massacro della cascina

Il giornalista Maurizio Pilotti rievoca, in un romanzo avvincente e appassionante, scritto benissimo, una vicenda dimenticata quanto importante nella storia italiana ovvero l'ultima volta in cui venne comminata e applicata la pena di morte nel nostro paese.

Il 20 novembre 1945 quattro uomini fanno irruzione in un casale in provincia di Torino, dopo aver pianificato un furto. Finirà male, uno di loro verrà riconosciuto e si deciderà per l'eliminazione, cruenta, crudele, efferata, delle dieci persone presenti.
Identificati, i rapinatori verranno catturati e condannati alla pena di morte, eseguita per fucilazione.

Il racconto è veloce, non manca di tratti ironici ma soprattutto di una capacità di contestualizzazione di un periodo, post seconda guerra mondiale, in cui l'Italia era distrutta, stremata, allo sbando, tornata a una sorta di condizione medievale che ben viene descritta tra le righe, aggiungendo malinconia e disagio all'orrore della vicenda.

Maurizio Pilotti
Il massacro della cascina
Giunti Editore
240 pagine
15.90 euro

giovedì, dicembre 04, 2025

Summer ’82: When Zappa came to Sicily di Salvo Cuccia

In onda su Netflix un documentario del 2013 che documenta l'infelice concerto di FRANK ZAPPA del 1982 a Palermo.

Immagini d'epoca sulla vicenda alternate alla visita della famiglia nel 2012 (apparentemente ancora unita, prima di insanabili litigi e divergenze, tristemente documentate dalla figlia Moon Unit Zappa nel libro "Terra chiama Luna": https://tonyface.blogspot.com/2025/09/moon-unit-zappa-terra-chiama-luna-un.html a Partinico (da dove arrivava la famiglia Zappa), per rivedere i luoghi d'origine e ricevere onori e saluti da parenti lontani.

Le immagini del concerto sono particolarmente preziose e fanno il paio con le testimonianze dei protagonisti (da Steve Vai a Massimo Bassoli, diventato stretto amico del chitarrista e che lo ispirò per il brano" “Tengo ‘na minchia tanta!").

L'attesa esibizione di Frank Zappa a Palermo fu disastrata da un'organizzazione decisamente carente e impreparata, che piazzò il palco in mezzo al campo di calcio della "Favorita" e relegò il pubblico in una curva lontana, a cui il suono arrivava bassissimo e ovattato.
Quando un gruppo di giovani saltò le recinzioni per avvicinarsi al palco, la polizia reagì in modo sconsiderato a suon di manganellate e lacrimogeni, scatenando la fuga rovinosa del pubblico, scontri e l'esplosione di un'enorme tensione che già gravitava sulla città siciliana martoriata da una spietata guerra di mafia che lasciava nelle strade un morto ogni 48 ore.

Frank Zappa alla fine del concerto (interrotto dopo un'ora) negli spogliatoi dello stadio indossa un giubbotto antiproiettile...lo stesso chitarrista rimasto inorridito dallo stato della città e dintorni definita nemmeno da "terzo" ma da "quinto mondo".

Un documentario originale e particolare, divertente e curioso, da vedere.

mercoledì, dicembre 03, 2025

21 anni di blog

Oggi il blog compie 21 anni.

5.654 post, 5.408.344 accessi, oltre 49.858 commenti. Il primo post fu pubblicato il 3 dicembre 2004:
https://tonyface.blogspot.com/2004/12/anyway-anyhow-anywhere-pete-townshend.html

Grazie e a tutti i LETTORI/LETTRICI e ai COLLABORATORI che lo rendono e lo hanno reso sempre più interessante e vivo.

Negli ultimi quattro anni, dopo un periodo di stabilità, seguito a uno di regressione a cavallo del 2010, il numero di accessi è esploso, triplicandosi.

Il blog è un preziosissimo archivio personale di recensioni, spunti, elenchi, dati, segnalazioni, spesso utili per articoli o libri e che contrasta con la volatilità dei social, nei quali i contributi si perdono il più delle volte in pochissimo tempo.

Lunga vita al blog!

martedì, dicembre 02, 2025

Bo Diddley

Riprendo l'articolo che ho pubbliato sabato per "Alias" de "Il Manifesto", dedicato a BO DIDDLEY.

Non sono in tanti che possono vantare l’ “invenzione” di uno stile, una specie di “genere musicale” nella storia del rock.

Bo Diddley è uno dei pochi in assoluto che creò una modalità ritmica che è diventata nel tempo un marchio di fabbrica, immediatamente e inevitabilmente riconducibile a lui. Una miscela di ritmi africani, la cui origine pare arrivi dalla zona sub sahariana, blues, gospel e la tradizione folk “Hambone” utilizzata da musicisti di strada che cantavano accompagnandosi con battiti di mani e colpi su gambe e petto.
Divenne una sorta di anello di congiunzione tra blues e il nascente rock ‘n’ roll a metà anni Cinquanta.
Una base di batteria, con l’uso prevalente dei timpani e tom, sulla quale la chitarra ripeteva lo stesso groove, diventando un ulteriore elemento percussivo. Una modalità che nasce probabilmente dall’abortita volontà di suonare la batteria.
Volevo diventare un batterista, ma non funzionò. Le mie mani non riuscivano a fare una cosa, mentre l'altra faceva l'altra. Cercavano di fare la stessa cosa.”

L’ossessivo e ipnotico rullare dei tamburi, con le maracas a dare un tocco latino, sono l’aspetto saliente del Bo Diddley Beat (detto talvolta anche Jungle Beat). La sua influenza fu immediata su molti artisti, da Buddy Holly a Elvis Presley fino (soprattutto) alla nuova scena beat inglese degli anni Sessanta che da Rolling Stones a Pretty Things, Who, Kinks, Yardbirds, fino agli Animals, che incisero un brano intitolato “The story of Bo Diddley”.
Pare che Bo non fosse del tutto soddisfatto che qualcuno utilizzasse/rubasse la su “invenzione” ma alla fine si rese conto che era in realtà un omaggio affettuoso. Io sono quello che Elvis ha copiato. Ha copiato me e ci ha messo insieme Jackie Wilson.

Anche se negli ultimi anni di vita è sempre stato piuttosto categorico nel definire il suo ruolo all’interno del rock:
La musica odierna non ha niente a che vedere con il rhythm and blues o il rock'n'roll, come lo chiamavamo noi. Oggi i ragazzi sostengono di essere rock'n'roll con tutti quelle chitarre urlanti e roba del genere. Beh, questo non è rock'n'roll! Non sembra Elvis Presley, non sembra i Beatles... beh, i Beatles non erano proprio rock'n'roll. Non so come lo chiameresti, ma non accetto la parola rock'n'roll con i Beatles. Non appartengono alla lista dei rock'n'roller. Erano più o meno folk country o qualcosa del genere. Non so cosa fossero.

Personaggio strano e particolare, dalla vita altrettanto anomala.
Nato nello stato del Mississippi, lasciato dal giovanissimo padre in adozione al cugino, che gli diede il cognome McDaniel, si trasferì a Chicago, dove divenne membro attivo di una chiesa Battista e suonò trombone e violino per almeno una dozzina d’anni, in maniera impeccabile, tanto da far parte dell’orchestra della Chiesa.
“Nessuno mi spinse a suonare il violino ma quando ne vidi uno per la prima volta me ne innamorai e imparai subito a usarlo. Così bene che fecero una colletta per comprarmene uno da 29 dollari. A quei tempi (anni Quaranta) erano un sacco di soldi, un sacco di patate costava 50 cents!” (Le dichiarazioni sono tratte da un’intervista del 2006 di Bob Gerstzyn).

Nonostante abbia provato sulla sua pelle il rigore del razzismo è sempre stato molto lontano da rivendicazioni particolari in merito, fortemente influenzato dalla sua fede religiosa e da un innato patriottismo:
"Non sono stato coinvolto nel movimento per i diritti degli afroamericani, ma ho tratto beneficio dalle persone che lo facevano. Perché questa merda non sarebbe mai dovuta andare così, fin dall'inizio.
L’America è un paese meraviglioso e penso che abbiamo uno dei sistemi migliori al mondo, ma ha dei difetti, molti difetti gravi. Abbiamo delle cose in corso in questo paese che non dovrebbero succedere.
Sto parlando di libertà. Non credo che si debba andare in giro a fare del male e poi nascondersi dietro la bandiera, ma molte persone lo stanno facendo. Essendo un uomo di colore, non direi nemmeno cazzate del genere, perché penso che un giorno tutti saranno una cosa sola.
Indipendentemente da chi siamo, se la Bibbia è giusta, siamo tutti fratelli e sorelle, indipendentemente dal colore della nostra pelle.
Dalla nostra nazionalità o da qualsiasi altro modo. Non ho mai pensato che le persone fossero bianche e nere, gialle e verdi e tutte quelle stronzate. Siamo tutti uno.”


Uno dei problemi che lo ha accomunato a tantissimi artisti di colore dell’epoca è stato la mancata corresponsione dei diritti delle sue canzoni.
Fino agli anni Sessanta inoltrati il sistema dei diritti d’autore è stato “regolato” da modalità selvagge, senza particolari tutele, soprattutto per gli artisti di colore, spesso senza contratti, con i brani che non venivano effettivamente depositati a loro nome o che, nel caso di plagio o “furto”, non avevano possibilità di sobbarcarsi in cause legali.
“La gente non si rende conto che era comune per gli artisti non essere pagati per le loro canzoni perché non c'era nulla che si potesse fare. Assumere un avvocato e intentare cause legali costa, quindi quando vivi di concerto in concerto, non hai i fondi. Poi ci sono i termini di prescrizione, quindi se passa troppo tempo, non c'è nulla che tu possa fare.
Forse prima di lasciare questa dannata Terra, uscirò e guarderò nella mia cassetta della posta e li troverò tutti lì dentro. In altre parole, non succederà, questa è l'America. Questo è quello che si chiama una buona vecchia fre
gatura americana. Sono stato fregato per milioni, tesoro! Milioni! Non lo dico solo come una parola. Sono stato fregato. Non ho mai visto un assegno di royalty che mi arrivasse.

La sua carriera è stata comunque ricca di grandi soddisfazioni e successi, soprattutto con “I’m A Man”, “Bo Diddley”, “You Can’t Judge a Book By The Cover”, “Pretty Thing”, “Who Do You Love?”, “Roadrunner”, “Say Man” che ritroviamo nei repertori di decine di gruppi (oltre ai già citati protagonisti del Beat inglese nell’elenco troviamo anche Doors, Captain Beefheart, Creedence Clearwater Revival, New York Dolls).
Ha introdotto l’uso del tremolo nella chitarra, utilizzando spesso anche la distorsione.
Famose le sue chitarre dalle forme rettangolari e anche la sua apparizione in “Una poltrona per due”, con un cappello da sceriffo, interpretando il gestore di un banco dei pegni.
In effetti, nel periodo in cui visse in New Mexico, negli anni Settanta, fu per tre anni il vice sceriffo della sua cittadina, Las Lunas.

Nel 1979 i Clash, in tour in America, lo vollero come act di apertura dei loro concerti, essendo un idolo di Joe Strummer.
Famoso il suo litigio con Ed Sullivan che lo volle al suo show in cui però Bo Diddley decise di cambiare il brano previsto, allungando il tempo a sua disposizione.
Nel corso degli anni è stato spesso presente a varie celebrazioni dei grandi del rock ‘n’ roll a fianco di Chuck Berry o BB King, ha collaborato con Eric Clapton e con i Rolling Stones, sia dal vivo che in studio (nel suo ultimo album, del 1996, “A Man Amongst Men”, ci sono Keith Richards e Ron Wood).
L’ultima sua apparizione in studio è inusuale, in un album del 2006 dei riuniti New York Dolls.

Muore alle soglie degli ottanta anni nel 2008. Resta uno dei personaggi più influenti nella storia del rock ‘n’roll, qualcuno che inconsapevolmente e senza alcun tipo di preparazione preventiva “a tavolino”, ha unito suoni, ritmi, attitudine che sentiva dentro l’ anima, il cuore, la carne e ne ha fatto un mirabile sunto che ancora oggi suona tribale, minaccioso, demoniaco, travolgente.
Per un primo approccio a Bo Diddley consigliato il suo esordio omonimo del 1958 e la compilation His Best del 1998.
Related Posts with Thumbnails